Obon e tōrōnagashi
Ogni civiltà ha selezionato il modo migliore per rapportarsi con i propri defunti, per disciplinare la relazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.
Il primo riferimento storico all’Obon, rito giapponese dedicato al culto dei defunti, risale all’VIII secolo e documenta la sua presenza nell’arcipelago dall’anno 606. Il nome, come l’originario sostrato dottrinario e rituale, rimanda a pratiche di derivazione indiana giunte però in Giappone attraverso il filtro della Cina e del Buddhismo: l’Estremo Oriente ha fatto propri questi culti dedicandoli agli antenati di ogni famiglia piuttosto che a una generica schiera di spiriti di defunti. Solo dal dodicesimo secolo, però, lo Obon si è diffuso capillarmente diventando patrimonio dell’intera comunità nipponica.
Lo Obon, oltre che un rito, è una festa – dal tono gioioso piuttosto che mesto – che si sviluppa in più fasi e si prolunga, con calendario variabile a seconda delle diverse regioni, tra il primo e il quindici di agosto, e durante la quale non mancano danze, canti e pasti collettivi oltre alle preghiere.
Il fuoco ne è un elemento distintivo, caratterizzante: la maggior parte dei riti si compie di notte, simbolicamente il tempo dei defunti, e il fuoco è chiamato a rischiarare e a tracciare i percorsi delle varie processioni fatte dagli uomini e dai defunti.
Il primo del mese le anime dei defunti iniziano il loro cammino dall’aldilà verso il mondo dei vivi, mentre gli uomini puliscono le tombe e liberano dalle erbacce – o dagli ingombri – i sentieri e le strade che conducono alle case: il tredicesimo giorno si accende un grande fuoco e si costella con piccoli falò il percorso che ogni anima dovrà fare verso la casa di famiglia sull’uscio della quale un altro fuoco segnalerà l’arrivo a destinazione. Quando il buio è completo il capofamiglia dà il benvenuto agli antenati e la famiglia si ritrova al suo completo per trascorrere assieme un breve ma significativo lasso di tempo.
La sera del quindici giunge il tempo del commiato e gli spiriti degli antenati sono invitati ad abbandonare il mondo dei vivi per fare ritorno alla propria dimora ultraterrena per ristabilire la giusta separazione tra i due mondi. È questo il momento del tōrōnagashi, la cerimonia delle lanterne galleggianti affidate alla corrente di un fiume, o dell’oceano: le anime degli antenati si dileguano scomparendo assieme all’affievolirsi delle piccole fiamme che illuminano le lanterne.
In alcune circostanze la cerimonia tōrōnagashi viene celebrata al di fuori dell'Obon. Significativi sono i casi di Hiroshima e Nagasaki, città che commemorano rispettivamente ogni 6 e 9 agosto con le lanterne galleggianti la tragedia atomica che le ha colpite.