Il teatro kabuki
La storia del kabuki è spesso descritta raccontando le vicende delle famiglie di attori che ne hanno tramandato l’arte: Ichikawa, Matsumoto, Onoe, Nakamura, Sawamura, Ichimura, Bandō, Kataoka, per citare solamente le principali. L’assoluta supremazia degli attori è confermata oggi nei programmi di sala, che relegano gli autori dei drammi in posizioni secondarie (e talvolta non vengono neppure citati). Tra il pubblico ben pochi prestano attenzione o si curano dei successivi adattamenti e delle riduzioni dei lavoro proposti, interessandosi soprattutto degli interpreti e delle messe in scena. […]
Secondo la poetica kabuki l’attore “deve entrare nel modello e poi distruggerlo”: ciò significa che l’attore in primo luogo assimila tutti gli elementi della tradizione, poi li elabora secondo la propria personalità e capacità. […] Per seguire la via del kabuki l’attore deve sottoporsi a una rigida disciplina e ad un duro lavoro, un algido spirito critico deve informare tutta la sua vita: se al termine dei lunghi anni di training iniziale, almeno dieci anni, è giudicato favorevolmente può sottoporsi al severo giudizio del pubblico. La professione dell’attore kabuki è ereditaria e la maggior parte discende direttamente o indirettamente dalle antiche famiglie di attori. […]
Nel kabuki l’attore è al centro dell’azione scenica e ne condiziona il divenire con un vocabolario di tecniche espressive gradualmente codificato negli anni. I modelli di recitazione sono chiamati kata e la recitazione, l’azione, la mimica e il movimento scenico ne sono elementi costitutivi; ogni famiglia ha uno stile di recitazione. […] Probabilmente il mie è il più importante e pertinente tra tutte le kata, quello per cui un attore è attribuita la qualifica di grande o di mediocre. […] Per realizzare il mie, l’attore si carica di energia, cerca una posizione per le gambe e le braccia, gira il capo con movimento circolare e con un rapido e deciso arresto della testa si blocca in una posa dinamica. Il mie ‘carica’ gli attori e il pubblico: esteriormente è un movimento statico, tutto sembra fermo, i muscoli sono rilassati, mentre internamente tutto si muove, anche a livello mentale. L’azione base, comune a tutti i tipi di mie, è l’inspirazione (il respiro va trattenuto per tutta la durata dell’esecuzione); il mie non è mai casuale e deve essere studiato e realizzato pure sulla struttura fisica degli attori per adattarvisi, al fine di perseguire e raggiungere l’ideale di massima bellezza.
Estratti da: Giovanni Azzaroni, Dentro il mondo del kabuki, CLUEB, Bologna, 1988.